Formaggi, trogloditi e veleno verso sud
La mattinata successiva la passammo a pianificare il da
farsi. Kolgar aveva a tratti uno sguardo assente ed in altri momenti mi trovavo
ad incrociare il suo sguardo omicida: si può solo immaginare quanto cuore e
mente siano in fermento per elaborare quel tremendo lutto e la strana
deviazione che la propria vita potesse avere da un momento all’altro. Gahan non
aveva altre istruzioni se non quelle di tornare dal suo maestro.
Bisognava tornare a sud di Baldur’s Gate, fino al centro
della costa della spada, di più Gahan non volle rivelare. Ovviamente le strade
non erano sicure per noi con gli incappucciati in giro alla ricerca di notizie
dai sicari che avevamo fatto fuori man mano.
Decidemmo di spacciarci per mercenari e cercare qualche
carovana da scortare così da non dare nell’occhio e nel frattempo racimolare
qualche moneta, visto che nessuno dei tre pareva avesse derubato un drago da
poco. Inoltre era il metodo che il maestro ed io usavamo spesso per lasciare
indisturbati città e paeselli senza troppo clamore. Kolgar tirò fuori da un
baule degli ottimi stivali con schinieri di cuoio indurito incorporati, un paio
di parabraccia in avorio leggeri e resistenti, uno spallaccio di osso che gli
copriva anche parte del petto ed un mezzo elmo in bronzo che raffigurava il
volto di un demone con al posto degli occhi due perle nere. Oltre alla pesante
ascia assicurata sulla schiena portava due asce da lancio ai fianchi, una bandoliera
di coltelli alla vita ed un coltellaccio seghettato legato ad ogni coscia.
Perfortuna dal baule tirò fuori anche un mantello leggero che copriva tutto
quell’arsenale, altrimenti nemmeno in mezzo ad una carovana di ammazadraghi
saremo passati inosservati. A metà mattinata eravamo già sulla strada verso il
paesino di Elide dove, mentre Gahan ed io cercammo un ingaggio presso la base
commerciale, Kolgar si recò sulla tomba dell’amata per un ultimo saluto.
Dormimmo poco fuori dal paese per evitare domande sulla nostra scomparsa
prematura dalla locanda due notti fa ed all’alba ci trovammo all’entrata sud
del paesello con Toppi: una nana che dalle montagne portava fino a Beregost un
carico di formaggi fatti con latte di bufale che vivono allo stato brado in
quella zona. Dopo una buona ora di spiegazione sulle proprietà di quel
formaggio e le nozioni biologiche sull’habitat delle bufale finalmente partimmo.
Kolgar e Gahan immersi in un mutismo assoluto seduti sul retro non erano certo
d’aiuto, quindi tocco al sottoscritto ingraziarsi la nana, che dopo pochi
minuti mi diede le redini del carro e decise di fare un pisolino di metà
mattinata. Il carro era pesante e la strada fino a Baldur’s Gate non certo
delle migliori, il viaggio proseguiva lentamente. Inoltre, ad ora di pranzo,
quando Toppi finalmente si svegliò affamata ci chiese anche di prenderci cura
dei cavalli: a dir suo lei era troppo piccola per prendersi cura di quelle
bestie tanto nobili, ci dovevamo pensare noi che abitavamo al “piano di sopra”.
Nel frattempo lei cominciò a prepararsi “uno spuntino” a base di zuppa di
legumi che, ovviamente, non divise con noi: “purtroppo ne ho razioni contate basate sulla mia dieta ideale, mi
spiace non potervene offrire un po’ ”. Kolgar ed io ci guardammo stupiti,
era un paiolo che avrebbe sfamato almeno quattro umani adulti, ma la nana lo
finì in pochi minuti accompagnato da abbondanti dosi di pane duro inzuppato. A
noi toccò del pane ed un po’ di formaggio, che, ad onor del vero, risultò
essere veramente buono. Nel tardo pomeriggio riprendemmo la lenta traversata
verso sud con Toppi che, dopo l’ennesimo pisolino, cominciò a raccontarmi di
quanto sua sorella fosse ghiotta di formaggi ed in particolare di quello.
Zorzy, così si chiamava la sorella, seppur dipendente dai cibi pastorizzati non
si era dedicata all’attività in questione, ma pare fosse un rinomato
conestabile a Beregost. Sicuramente un ottimo appoggio per un mercante
sfaticato che di sicuro non si ricorda spesso di pagare le tasse. Dopo altre
due ore di cammino Toppi ci fece fermare perché ad ogni fine giornata doveva
analizzare un campione del carico per verificare che l’invecchiamento
procedesse in maniera adeguata.
Così passò quella prima noiosa giornata di lavoro, dopo aver
sistemato il campo ci dividemmo i turni di guardia, tutti, tranne Toppi ovviamente.
Cominciai io suonando anche qualche ballata che conciliasse il sonno e facesse
recuperare più velocemente le forze ed il vigore per ciò che ci aspettava. Svegliai
Gahan che sfruttò il suo turno per meditare, mentre Kolgar durante le sue ore
di veglia verso l’alba non smise un attimo di esercitarsi roteando la sua
enorme ascia a cui attaccava dei pesi da allenamento. Dopo tre giorni con Toppi
che riuscì a costringerci anche a prepararle il pranzo pur di velocizzare il
trasporto arrivammo finalmente in città.
Baldur’s Gate mi rimise di buon’umore e d’accordo con gli
altri, stivato il carico ed i cavalli alla base commerciale, andammo tutti alla
locanda dove di solito col mio maestro ci esibivamo. Gahan era sempre
guardingo, mentre Kolgar sembrava a disagio in mezzo a tutta quella gente.
Toppi si concesse una doppia razione di “pennette al sugo”, un piatto tipico
della citta a base di farina di grano, acqua e sugo di pomodoro e poi con un
sonoro rutto se ne andò in camera a riposare: “dopo questi 4 giorni sfiancanti ho proprio bisogno di una buona
dormita!”. Eppure non aveva alzato un dito, pensai. La serata per me era
appena cominciata invece: un paio di avventori mi riconobbero e mi invitarono
ad esibirmi sul palco, non riuscii a resistere al richiamo della mia vocazione
e con la mia armonica cominciai a suonare alcune delle ballate più conosciute
in zona per scaldare gli animi.
Il cappello da guitto che usavo per le offerte si riempì
velocemente e dopo gli occhiolini di diverse donzelle decisi di chiudere con la
mia ultima ballata ispiratami dalla straziante storia di Elide e Kolgar,
accompagnato da una melodia profonda..
Il suo dolce profumo sporcato
Era quello del fresco bucato
Come dei panni stesi sotto il sole
Mentre un giorno d’estate muore
Così mi apparve per la prima volta
Lo sentii prima che varcasse la porta
Il vento mi disse già il suo nome
Lo portò diretto fino al mio cuore
Rimasi definitivamente trafitto
Quando stavo a guardarla fisso
Il suo sorriso ed i suoi capelli dorati
Sapevo che non li avrei più scordati
Il tempo passò veloce
E l’amore nacque precoce.
Stavamo per andare via insieme
Rendendo così le nostre vite piene
Ognuna colma dell’altro
Quando avvenne il più grave misfatto
Il suo dolce profumo sporcato
Il nostro amore fu spezzato!
Senza senso mi fu portata via
Violata, non sarà più mia.
Ora posso solo vagare lontano
Alla ricerca di quella mano
Che ha osato sporcare
Il mio unico amore.
Nella locanda era sceso il silenzio, Kolgar mi guardava
fisso, Gahan aveva lo sguardo perso in qualche ricordo. Il Singhiozzo di una
brunetta ai piedi del palchetto ruppe l’incantesimo e mentre la sala mi
applaudiva lei mi saltò al collo baciandomi e bagnando le mie guance con le sue
lacrime.
Il mattino seguente venne a svegliarmi Kolgar e non fu certo
un bel risveglio. Per una notte ero tornato alla mia vita: labbra e cuori
infuocati, soldi da spendere in buona birra e l’arte che avvolgeva di emozioni
e gloria chi sapeva fartela entrare nell’anima. Ritrovarmi di nuovo in strada
con Toppi che mi russava sonoramente di fianco e quei due imbalsamati dietro fu
alquanto deprimente. Passai buona parte della mattinata assorto nei miei
pensieri e quasi non mi accorsi del carretto rovesciato sulla strada di fronte
a noi. Mi fermai solo perché i cavalli cominciarono ad innervosirsi alla vista
di due ronzini morti: le teste frantumate sul terreno. Il tempo di alzare lo
sguardo e fermare il carro che un giavellotto partito dalla boscaglia al
limitare della strada si pianta in un fianco di Toppi che si era destata per
capire cose ci costringesse a fermarci. Mentre urla di dolore la faccio
rotolare giù dal carro e mi butto al riparo mentre altri tre dardi si
conficcano proprio dov’eravamo noi un secondo prima. “Svelti ci attaccano!” gridai a Kolgar e Gahan dietro “Toppi è stata ferita gravemente!”.
I
due uscirono dal carro e si misero al riparo dietro le ruote anteriori cercando
di capire chi fosse il nemico. Kolgar fu il primo a capire dove erano nascosti
i cecchini e lanciandosi in direzione della boscaglia a destra urlò “Sono banditi trogloditi che si mimetizzano
tra i cespugli, di questi due me ne occupo io! Voi prendete gli altri due a
sinistra!”. Non li avevo ancora individuati quando Gahan cominciò a correre
nella direzione opposta a quella del Barbaro evitando agilmente altri due
giavellotti lanciati contro di lui. Per cominciare decisi di intonare un canto
di guerra nanico che avrebbe sicuramente dato un ritmo diverso a quello
scontro. Nel frattempo cominciai a verificare le condizioni di Toppi: aveva un
giavellotto che le passava un fianco da parte a parte e mi guardava con gli
occhi sbarrati dalla paura e dal dolore, il volto sbiancato e la fronte madida
di sudore. Se non fossi intervenuto subito avrebbe perso troppo sangue per
sperare di farcela. Nel frattempo Kolgar raggiunse il limitare della boscaglia
e vi si gettò con un balzo felino impugnando l’enorme ascia sopra la testa, non
riuscivo ancora ad individuare i suoi nemici, ma l’urlo sibilante di dolore un
attimo dopo mi convinse che il barbaro sapeva bene dove colpire ed era riuscito
nell’intento. Gahan nel frattempo era balzato sopra un masso alto circa due
metri scansando altri due giavellotti in maniera acrobatica. Un mugolio di
Toppi mi riportò al problema principale, le diedi un pezzo di legno da
stringere tra i denti e spezzai il manico del giavellotto poco prima del foro d’entrata,
subito dopo sfilai la punta e la parte di manico dal foro di uscita.
Un fiotto
di sangue rosso rubino misto ad alcune gocce di uno strano olio verde sbuffò
dalla ferita, “i dardi e le loro armi
sono avvelenate, fate attenzione!” urlai immediatamente agli altri dopo
aver capito di cosa si trattasse. Nel frattempo Toppi era svenuta, ma
continuava a respirare debolmente, ciò mi permise di fasciarle la ferita il più
stretta possibile senza che lei facesse troppe rimostranze per il dolore. Un
troglodita volò dalla boscaglia di sinistra e si schiantò sul masso dove prima
era appollaiato il monaco rompendosi di netto il collo. “Lasciatene uno in vita, devono darci l’antidoto per il veleno!”
suggerii ai due combattenti, ma in quello stesso momento sentii un altro grido
agghiacciante provenire dall’ultimo avversario di Kolgar: il barbaro non ci era
andato leggero. Perfortuna dopo pochi minuti vidi Gahan uscire dalla boscaglia
con in spalla un troglodita legato come un salame che respirava ancora. Kolgar
invece ne trascinava uno squartato per un piede e l’altro, senza testa, per un
braccio.
Sia il barbaro che il monaco non avevano riportato ferite
degne di questo nome e, lasciati i corpi vicino al carro, andarono a
controllare la zona circostante per assicurarsi che non ce ne fossero altri.
Svegliai il sopravvissuto con un forte calcio allo stomaco,
le minacce e lo sguardo di odi che ne seguirono erano segno di buona salute. “Sei rimasto in vita solo per una ragione,
sta a te decidere se cavartela o buttare alle ortiche la tua miserabile
esistenza! Dammi l’antidoto per il vostro veleno! Ora!” La lurida lucertola
cominciò a sghignazzare:”tu non fare più
niente! Solo buona per mangiare ora, dare me nana e lasciare andare prima che
tornare Nodnol con altri guerrieri!” Gli assestai una buona gomitata nello
stomaco e tirai fuori uno dei miei coltelli per fargli capire che non
scherzavo: “L’antidoto, ora! O vuoi che
Nodnol ti trovi a pezzi piccoli già pronto per lo stufato di voi cannibali?”.
Con la storia dei cannibali devo aver fatto centro, lo sguardo del lucertoloide
si blocco su di me valutando la mia credibilità, in quel momento comparve
Kolgar alle mie spalle ancora sporco del sangue dei suoi compagni e si convinse
del tutto:” noi non avere cose per
aiutare, solo Nodnol potere, lei è l’unica parlare con Talona! Ora lasciare me, o Nodnol uccide come
traditore e offre a Talona!”. Kolgar alzo un pugno e glielo tirò dritto in
mezzo al petto facendolo svenire sul colpo. “Ehi!!” mi infuriai col barbaro:“non
mi hai dato il tempo di carpire altre informazioni, vuoi salvare Toppi o no?”. “Non abbiamo bisogno di altre informazioni” mi
rispose lui cupo “col monaco abbiamo
trovato tracce fresche di altri trogloditi che vanno verso ovest, nel mezzo del
bosco ammantato, avranno lì il loro accampamento”. Gahan, di ritorno anche
lui da quella prima esplorazione annuì dicendo: ”L’accampamento dista a meno di un’ora di cammino, ma per avere qualche
possibilità bisognerà prenderli di sorpresa, sono troppi per uno scontro
frontale, senza contare che dovremmo portarci dietro la nana! Sarebbe meglio
proseguire da soli e vedere se a destinazione qualcuno può aiutarla”. Proprio in quel momento Toppi emise un
mugolio, il volto sempre più madido di sudore: la febbre si stava alzando,
segno che il veleno era ampiamente in circolo. “Nel giro di una notte la perderemo e non penso di essere quel tipo di
persona che va avanti calpestando il cadavere di altri, è deciso, stanotte
cercheremo di trafugare l’antidoto: non c’è bisogno di annientare l’accampamento,
sappiamo benissimo che eliminata la matriarca le tribù di trogloditi si disperderanno
o si uccideranno a vicenda alla ricerca del potere. Inoltre sono sicuro che ci
sia anche una taglia su questa Nodnol, il nome non mi è nuovo e queste non sono
le prime carovane attaccate in zona. Bisogna solo trovare un posto dove
lasciare il carro e Toppi al sicuro, mi sembra di aver visto una fattoria un
chilometro verso nord, potrebbe fare al caso nostro”. Non ci furono
repliche. Ispezionammo i cadaveri dei trogloditi, da cui raccolsi due fiale di
veleno, ed il carico dell’altro carro: era pieno di frutta, primizie di
stagione che i trogloditi non avevano gradito. Diverso doveva essere stato per
i conducenti di cui non ne rimaneva traccia. Caricammo le merci sul nostro
carro assieme a Toppi ed al troglodita sopravvissuto: lasciarlo andare adesso
ci avrebbe tolto l’effetto sorpresa. Arrivammo alla fattoria per ora di pranzo,
dove, spiegata la situazione fummo sistemati nel granaio in cambio di parte del
carico di frutta. Ci rifocillammo e prestammo ulteriori cure a Toppi per essere
sicuri che superasse la notte, la moglie del contadino preparò uno stufato con
dei funghi disintossicanti che avrebbe sicuramente rallentato l’effetto del
veleno. All’imbrunire ci avviammo verso il campo dei trogloditi.
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