Raid e...tradimenti?


L’accampamento era illuminato da diversi fuochi da campo e qualche braciere. Una decina di tende in tutto, disposte in cerchio attorno ad una più grande e meno precaria che affacciava sullo spiazzo dove c’era il fuoco centrale. Erano tutti riuniti lì per la cena, sul fuoco erano ad abbrustolire le carcasse di due umani fatti a pezzi: i malcapitati del carro prima di noi. Ad un certo punto il suono ritmico di due tamburi mise a tacere il vociare fastidioso dei rettili. Dal tendone principale uscì, affiancata da due guerrieri massicci, una troglodita coperta di tatuaggi e monili rituali. Tutti chinarono il capo finchè lei non prese posto sull’unico scranno presente. I tamburi cessarono di annunciare il suo arrivo, ma nessuno ricominciò a parlare. Con voce roca e possente la sciamana disse: “Figli miei e della grande Talona, oggi è stata una buona giornata: il bottino cospicuo e la cena sarà altrettanto abbondante!”Urla, applausi e grida di incitamento da parte della tribù eruppero entusiaste a quell’affermazione, ma dopo un secondo uno sguardo di Nodnol riportò il silenzio in un istante. “Questi sono i segni che Talona ci manda per ricompensarci del nostro lungo cammino fin qui. Però oggi abbiamo perso anche una pattuglia, quella di MIO FIGLIO e questo non può passare inosservato! Domani voglio cenare succhiando via gli occhi dalla testa di chi lo ha preso dopo aver donato le sue sofferenze alla grande Talona! Ora che il banchetto abbia inizio e che tutti possiate essere sazi ed in forze: domani si va a caccia!!” Scoppiarono di nuovo urla e grida di acclamazione, i tamburi ripresero a suonare, un fusto di idromele fu portato vicino al fuoco e tutti cominciarono a staccare pezzi di carne dagli enormi spiedi.
Quando mi girai per concordare il da farsi Kolgar impugnava già l’ascia a due mani e le nocche erano bianche tanto la stringesse forte:”Non ancora”gli dissi, e Gahan per calmarlo gli mi se una mano sulla spalla. Con somma riluttanza di Kolgar concordammo che per attaccare bisognasse aspettare dopo cena, quando il campo sarebbe stato vuoto e l’idromele avesse mandato tutti a dormire profondamente. Inoltre decidemmo di non utilizzare il figlio di Nodnol come merce di scambio visto che non ci saremmo mai potuti fidare di un patto con i trogloditi. Dopo oltre tre ore di canti, balli e dopo altri due fusti di idromele finalmente il campo fu immerso nel silenzio. Arrivammo al limitare della boscaglia e ci appostammo in attesa del passaggio della ronda di guardia. I Due trogloditi armati di giavellotti e rozze asce di pietra passarono sussurando tra loro. Con un cenno chiesi a Gahan e Kolgar di non muoversi, con le mani già strette sull’elsa dei miei pugnali corsi alle spalle dei due trogloditi senza farmi sentire, al primo conficcai il pugnale alla base del collo che cadde a terra con un tonfo sordo, al secondo che si girò sorpreso verso di me a bocca aperta ficcai il pugnale direttamente in bocca trapassandogli la trachea così che si spegnesse rantolando nel suo stesso sangue. Ripuliti i pugnali sul mantello dell’ultimo li rinfoderai per evitare che il riflesso dei fuochi sulle lame potesse mettere in allarme le altre guardie: ne erano rimaste solo due davanti al tendone della sciamana. Gahan e Kolgar uscirono dal sottobosco e mi seguirono acquattati fino alle spalle della tenda. Uno andò a sinistra l’altro a destra, arrivarono alle spalle delle due guardie massicce. Kolgar prese la sua per il collo con una sola mano stringendo abbastanza da soffocarla in pochi secondi. Gahan con un movimento fluido con una mano afferrò il mento del troglodita e facendo leva sulla spalla spezzo il collo del rettile che si afflosciò nelle sue braccia senza vita.
All’interno del tendone ci assalì un forte odore rancido ed un caldo innaturale. Riuscivamo a stento a respirare e cominciammo a sudare copiosamente. La vista mi calò di colpo e sentii qualche dolore allo stomaco. Gahan tirò fuori tre bandane e le bagnò con dell’acqua del suo otre, ne mise una sulla bocca e sul naso e ci invitò a fare lo stesso. Ripresi subito fiato più facilmente. “E’ una nube velenosa” sussurrò il monaco “I trogloditi ne sono immuni, ma per noi può essere mortale, le bandane filtreranno parte del gas permettendoci di sopravvivere, ma dobbiamo fare in fretta”. Kolgar grugnì e si fece avanti con l’ascia ben impugnata tra le mani possenti. Superammo la prima stanza dove erano raccolti i bottini delle razzie degli ultimi giorni, poche cose di valore, il resto cianfrusaglie luccicanti. Nella seconda stanza il braciere centrale illuminava un rozzo letto a baldacchino dove Nodoln riposava fino a poco fa in compagnia di due maschi trogloditi. Ora erano tutti e tre ben svegli e parzialmente vestiti, ma con le armi in pugno. Kolgar non aspettò nemmeno un secondo, superando con un salto a piè pari il braciere si menò sui tre ad ascia spianata. Gahan si mosse fulmineo sulla destra. Io avrei voluto cominciare a cantare un canto da battaglia, ma i gas e la bandana me lo impedirono; preparai allora i componenti per un incantesimo.
Le guardie si pararono davanti a Nodnol che arretrando cominciò a sussurrare un rituale, tocca i due guerrieri la cui pelle divenne ruvida simile a quella di una corteccia di un albero. Il primo colpo di Kolgar prese in pieno uno dei due guerrieri che fece un passo indietro, ma sembrò assorbire bene il colpo. Gahan, invece, con una spazzata riuscì a mettere prono il secondo su cui decisi di scagliare il mio incantesimo: il troglodita cadde addormentato. Nel frattempo Kolgar schivò una delle due asce di pietra del suo avversario che contrattaccando riuscì a ferirlo ad una coscia con la seconda ascia. In quel momento Nodnol spruzzò del liquido verde proprio sul barbaro che urlò di dolore mentre la sua pelle si annerì nei punti di contatto col liquido. Gahan scavalcò il troglodita addormentato e si fiondò sulla sciamana, ma dal nulla comparve un groviglio di arbusti che afferrò ed intralciò il monaco, bloccando il suo slancio. Prima che l’effetto del mio incantesimo terminasse mi fiondai sul troglodita addormentato e conficcai entrambi i pugnali nella sua schiena, con un sussulto si risvegliò e poi si riaddormentò definitivamente. Mentre Kolgar si contorceva tentando di levarsi di dosso quel liquido verde il troglodita lo ferì di nuovo con due colpi di ascia, il barbaro cominciò a sanguinare copiosamente.  Fortunatamente mi ritrovai a pochi passi dal barbaro e sussurrando un altro incantesimo riuscii a richiudere qualcuna delle sue numerose ferite. Kolgar mi lanciò uno sguardo di ringraziamento e mentre Nodnol cominciava a ridere sguaiatamente sicura della vittoria il barbaro si riempì i polmoni di aria ed urlò “Elideeeee!” una furia comparì nei suoi occhi e nuovo vigore riempì i suoi muscoli possenti. I due attacchi seguenti del troglodita andarono a vuoto. 
La sciamana evocò quattro grossi serpenti variopinti con denti grondanti di veleno. Due cominciarono ad arrampicarsi sugli arbusti che tenevano bloccato Gahan ed altri due mi si pararono davanti sibilando. Il monaco riuscì a districare un braccio e afferrò una delle serpi lanciandola direttamente nel braciere dove scomparve con uno sbuffo di fumo mefitico, l’altra gli morse la gamba tatuata. Kolgar si mosse fulmineo verso l’avversario, col primo colpo d’ascia lo azzoppò facendolo cadere in ginocchio, col secondo lo decapitò poi si girò versò di me e lanciò una delle sue asce più piccole tagliando a mezz’aria un serpente che si era lanciato verso di me. Io riuscii a bloccare il secondo con un piede e a conficcargli un pugnale in testa evitando qualsiasi danno. In quel momento la sciamana mi comparì alle spalle e con la sua clava mi diede un colpo sui reni facendomi rotolare un paio di metrì lontano da lei: aveva una forza spaventosa. Gahan si strappò il secondo serpente dalla gamba se lo portò alla bocca e gli strappò la testa con un morso sputando la testa a terra prima di svenire per il dolore del morso e del veleno. Kolgar con una capriola arrivò ai piedi di Nodnol e rialzandosi le diede una forte spallata tentando di buttarla a terrà. La sciamana rimase in piedi facendo qualche passo indietro e menò subito un colpo di clava alle costole del barbaro che si fece colpire di proposito per poi boloccare l’arma dell’avversaria sotto il suo braccio in una morsa ferrea, mentre con l’altra mano alzava l’ascia andando a mozzare la mano artigliata della troglodita all’altezza del polso. Nodnol cadde all’indietro per il dolore stringendosi il moncherino ed in contemporanea Kolgar lasciava cadere la clava e la mano ancora attaccati da sotto alla sua ascella. Ormai spalle al muro la sciamana usò le ultime forze per sussurrare un incantesimo di guarigione che cauterizzò la ferita bloccando la copiosa perdita di sangue, poi svenne. In quel momento scomparvero gli arbusti che tenevano intrappolato Gahan che cadde floscio a terra. Mi ci avvicinai e guarii la sua ferita permettendogli di riprendere conoscenza: il volto madido di sudore indicò che il veleno del serpente e quello della nube di gas fossero ancora in circolo. Kolgar spossato dopo quella battaglia ed io acciaccato dal colpo alle costole riuscimmo a stento a legare perbene la sciamana. La svegliammo per farci dare gli antidoti necessari a rimettere in piedi Gahan e Toppi. Collaborò malvolentieri, ma sapeva di avere una posizione di svantaggio. Prendemmo gli antidoti e, ovviamente, tutto ciò che di valore potessimo trasportare. Prima di andare via Nodnol ci urlò contro: “Siete voi che avete preso mio figlio, vero? In nome di Talona domani scaglierò tutta la mia tribù contro di voi e …” non terminò la frase, una delle piccole asce di Kolgar volò dritta ad aprirle il cranio in due. A quel punto per evitare ripercussioni sulle fattorie vicine decidemmo di dar fuoco all’accampamento. Prima però mozzai l’anulare dell’altra mano della sciamana su cui c’era un anello col simbolo della dea che serviva, lo avvolsi in una delle lenzuola luride del letto e lo portai con me. Eravamo già sulla via del ritorno quando sentimmo le prime urla dei trogloditi che si apprestarono a tentare di spegnere le fiamme che avvolgevano quasi tutto l’accampamento: così decimati sarebbe stato un gioco da ragazzi anche per le guardie della contea finire il lavoro.  
Tornammo alla fattoria alle prime luci dell’alba, l’antidoto fece subito effetto su Gahan che riuscì a proseguire da solo. Nel fienile trovammo il fattore e la moglie in lacrime, sconvolti. Toppi boccheggiava morente, corsi al capezzale per darle l’antidoto, lo rifiutò scoprendo uno squarcio sul petto. Mi chiese di portare il carico alla sorella e salutare da parte sua il nipotino, figlio di Zorzy, che era nato da poco, dal suo marsupio tirò fuori un piccolo ciondolo in giada a forma di bufala delle montagne: ultimo dono della zia per il nascituro. Spirò in breve tempo, i contadini ci raccontarono che nella notte erano stati a vegliarla e si erano assopiti al suo capezzale quando il troglodita si era riuscito a liberare e con una zappa stava per ucciderli nel sonno. Toppi aveva fatto da scudo col suo corpo ai due che si erano presi cura di lei. Il fattore aveva poi trafitto l’assalitore con una falce che aveva a portata di mano, facendo così giustizia.

Fu una triste perdita e concordammo di portare a termine il viaggio di Toppi verso Beregost. Avvolgemmo il cadavere in una serie di teli con unguenti profumati e utili a rallentare la decomposizione, così i suoi cari avrebbero potuto pensare ad una degna sepoltura e funerale. Prima di ripartire i fattori ci offrirono un lauto pasto e qualche ora di riposo, oltre che a delle bende pulite per le nostre ferite. Ebbi il tempo di cominciare a comporre una poesia per la scomparsa della nostra compagna di viaggio. Sul carro Kolgar dormì tutta la giornata per riprendersi dallo sforzo della battaglia mentre Gahan ed io ci mettemmo alla guida alternandoci. Viaggiammo per altri due giorni prima di arrivare al bivio per Candlekeep. Quella sera Gahan ci rivelò che il nostro viaggio ci avrebbe dovuto portare proprio verso quella città e che la deviazione per Beregost ci avrebbe rallentato di almeno un paio di giorni, ma nessuno se la sentì di disonorare l’ultimo desiderio di Toppi. Il Giorno seguente di buon’ora entrammo a Beregost, dove il carro di Toppi fu subito riconosciuto e salutato da diversi passanti. Ci fermammo alla locanda per conoscere il luogo preciso dove trovare Zorzy. Ovviamente risiedeva nella costruzione migliore della città, un piccolo palazzo in pietra di due piani, dove al piano inferiore si occupava dell’amministrazione della cittadina, mentre al superiore si occupava del piccolo Leonard. La incontrammo subito e la notizia sconvolse lei come tutto il paese, la nostra buona fede non fu mai messa in dubbio, visto che oltre a restituire il corpo della familiare restituimmo il carico con anche qualche aggiunta di primizie e parte dei beni presi ai trogloditi. Chiesi di poter legare personalmente il piccolo ciondolo a forma di bufala della zia al collo del piccolo Leonard ed in presenza di tutta la famiglia ciò avvenne nel tardo pomeriggio. Fummo invitati a rimanere la notte per la veglia ed il banchetto funebre. La mattina seguente, prima della nostra partenza Zorzy ci tenne a farci dono di tre cavalli per aiutarci nel viaggio e ci rilasciò anche un documento che attestava la nostra associazione “honoris causa” alla gilda dei mercanti. Questo ci avrebbe concesso alcuni privilegi minori presso le sedi delle gilde in tutto il territorio a  sud di Baldur’s Gate fino all’Amn: la regione a sud de i picchi delle nuvole. A Beregost vendemmo anche tutto ciò che di valore avevamo trafugato dai trogloditi mettendo su un piccolo gruzzoletto che ci avrebbe di sicuro fatto comodo nei prossimi spostamenti. Già in tarda serata arrivammo a Candlekeep dove venimmo a sapere che c’era una ricompensa per chiunque fosse riuscito a minimizzare il problema dei trogloditi nel bosco ammantato. Dopo un sonno ristoratore in locanda riscuotemmo anche la taglia di oltre 150 monete d’oro in cambio del dito che avevo mozzato a Nodnol. 
Gahan ci portò ai moli ad ovest della città dove un battelliere lo riconobbe subito e, senza chiederci nulla, ci fece salire, impostò la rotta e partì. Ci portarono sotto coperta in una stanza dove avremmo potuto riposare durante il viaggio. “Non vi preoccupate, non durerà molto.” Ci rassicurò Gahan vedendo Kolgar già verde per il mal di mare. “Entro stasera dovremmo essere al tempio ed incontrare il mio maestro. Il battelliere è un nostro fidato agente e solo lui conosce la rotta per arrivare all’isoletta dove si trova nascosto il tempio” Non ci era permesso salire sul ponte per evitare che capissimo molto e ad ora di pranzo ci fu servito un buon pasto a base di zuppa di pesce e crostacei arrostiti, il tutto con un mezzo barilotto di birra che ci aiutò a rilassarci. Kolgar, dopo il pranzo, cominciò a vomitare in continuazione, e, quando finalmente attraccammo, l’aria fresca ci sembrò uno dei doni migliori che Tymora potesse elargire. La spiaggia era una piccola lingua di sabbia tra il mare e l’inizio di una rapida montagna ed era completamente deserta. Gahan si mosse rapido verso un sentiero che solo lui poteva vedere. Kolgar smise di vomitare quasi subito, ma il colorito verde rimase a lungo. Mentre il sole moriva immergendosi nel mare ad ovest raggiungemmo la cima di quella montagna brulla e disabitata. Il barbaro ed io guardammo Gahan increduli quando si girò verso est e dopo un minuto di meditazione profonda, ignorando l nostre domande, scagliò un pungo lucente a mezz’aria che sembrò colpire un gong invisibile. Il suono ovattato echeggiò sull’altopiano per diversi secondi, fin quando una porta invisibile si aprì poco più a nord mostrando l’entrata di un tempio enorme. “Solo il Ki adeguato poteva far risuonare il gong spirituale che i nostri maestri hanno piazzato qui!” cominciò a spiegarci Gahan “tutto il santuario è protetto dal Ki dei fondatori che sono trapassati durante la meditazione infondendo nelle pietre di questo santo luogo i loro poteri spirituali proteggendoci così alla vista del mondo esterno”. Fummo accolti da diversi sguardi di disgusto ed allora Gahan ci spiegò che pochissimi estranei sono ammessi all’interno: solo fedeli alleati dopo anni di prove e di studio per chi pratica la meditazione. Kolgar ed io eravamo i primi ad essere ammessi senza rispettare i canoni minimi.
Fummo accolti con freddezza ed a volte quasi con la fretta di chi non vede l’ora di sbatterci fuori. “La sola vostra presenza disturba l’armonia spirituale del posto e chi vi è profondamente legato vi vede solo come un elemento ostile, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi. Basta non offendere nessuno e tutto andrà bene, quindi, lasciate parlare me!” Il grande maestro ci ricevette subito. La sala enorme e vuote sembrò deserta, ma non appena chiuse le porte decine di monaci guerrieri si misero in cerchio intorno a noi, dopo qualche minuto fece capolino anche un vecchio dinoccolato che camminava poggiato ad un bastone. Lo sguardo severo si puntò su Gahan: “Hai Fallito miseramente Gahan. Perché i due portatori del seme sono ancora vivi?”


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