Ignis ed il grande incendio.
Il carro oscillava
pericolosamente su quei sentieri di montagna, vista la discesa ripida ad ogni
curva sembrava stesse per ribaltarsi, le catene mi strattonavano e ferivano
polsi, caviglie e collo ad ogni contraccolpo.
La salita, vista la difficoltà di
trascinare il pesante carro da parte dei soli due buoi da soma era stata molto
più tranquilla tanto da permettermi di riposare e riallineare i pensieri. Ormai
ero lucida e riuscii a ripensare agli ultimi 5 giorni: dall’omicidio di Assor,
alla fuga nella foresta, fino al mio risveglio in catene nel buio di questo
carro. Ebbi abbastanza tempo per ascoltare le voci provenienti dalla carovana:
c’erano almeno una decina tra uomini e mezzorchi che chiacchieravano mentre il
carro avanzava ed almeno un altro carro con 4 cavalli da tiro era al nostro
seguito. Probabilmente il carro di quel mago potentissimo che ha spazzato via
Assor in pochi minuti.
L’ennesima curva mi sorprese
facendomi urlare di spavento. “Taci
Mostro!” mi apostrofò un mezz’orco subito da dietro al carro. Non era la
prima volta che mi dedicavano frasi così gentili, il mio aspetto ha sempre
destato sgomento e paura in chi mi incontrasse. Molti avevano tentato di
catturarmi per studiarmi o mutilarmi, ma nessuno così ben organizzato e forte:
le mie poche chiazze di pelle di drago non potevano valere così tanto sul
mercato da assoldare una brigata intera di farabutti! O comunque sicuramente
non si sarebbero disturbati a trasportarmi viva. Scoprire cosa diavolo
volessero, per quanto mi incuriosisse, non era proprio tra le mie priorità,
quindi focalizzai i miei pensieri nel pianificare una fuga.
Mi guardai attorno, ma il carro
sembrava spoglio, c’erano solo un pitale, un piccolo barile con della birra,
carne secca e del pane, poi il buio più totale: il carro era di legno scuro e
senza finestre, il retro aveva una porta probabilmente chiusa con catena e lucchetto
dall’esterno visto che li sentivo sbatacchiare regolarmente ad ogni sussulto.
Provai a concentrarmi per espandere i miei sensi e sentire la trama, provai a
richiamare il potere dentro di me, ma nulla! Possibile che fossi in una bolla
di antimagia? Capii di avere una sola possibilità: cavarmela alla vecchia
maniera. Per fortuna non mi avevano tolto li miei due bastoni ferrati né tutto
il mio equipaggiamento. Riuscii facilmente ad aprire i lucchetti delle catene,
che tenni comunque al loro posto per non destare sospetti nel caso di un
controllo durante il viaggio. Mi rifocillai mangiando parte del cibo e bevendo
un po’ di birra, non potevo esagerare, i miei sensi mi servivano al massimo del
loro acume. Ora non mi restava che aspettare il momento giusto: la notte.
Gahan, ancora sgomento per la
perdita dell’amico, ci trascinò ad una locanda nel porto per poter rimettere
apposto i pensieri e valutare le possibili opzioni per trovare il quarto
portatore di seme. La sera scese velocemente mentre il monaco ci raccontò di
tutti i bei momenti passati con Murphy: si erano allenati assieme da piccoli e
se non fosse stato per il seme Murphy sarebbe stato sempre più forte di Gahan.
Kolgar rimase muto tutto il tempo, scolò diversi boccali di birra: non era
certo bravo con le parole e quindi decise di fare da sostegno al nostro
compagno semplicemente stando lì. Consumata la cena prendemmo una camera al
piano di sopra, la stanza aveva un odore salmastro e tutte le assi del
pavimento erano deformate dall’umidità del mare a pochi passi. I giacigli
puzzavano di pesce marcio, ci appoggiammo le nostre coperte da viaggio per
evitare di passare la notte nauseati. La mattina seguente ci recammo in un
negozio di spezie nei pressi della porta est, Gahan ricordava che uno dei loro
contatti fosse proprio il proprietario.
Attraversammo completamente la
città, partendo dai bassifondi del porto che si animarono molto prima dell’alba,
quando scendemmo in strada al primo sole, la maggior parte delle navi era già
salpata ed i pescherecci stavano rientrando dalla battuta di pesca notturna. I
carretti dei pescivendoli erano già ammucchiati sulle banchine pronti a
ricevere il carico da portare in vendita fino alle campagne ed ai villaggi nell'entroterra
ad un giorno e più di marcia. Fermo bestione! Non ho
cattive intenzioni! E’ inusuale che un onorevole monaco si presenti a me in
pieno giorno nel mio umile emporio e quindi c’è sicuramente qualcosa di urgente
da discutere!”La sua voce era a metà tra un latrato ed un guaito e capirla
non fu facilissimo. Gahan fece un sorriso ed un inchino: “Siete voi la saggia Musheta?” chiese con tono gentile. Il piccolo
canide semplicemente scodinzolò come cenno di assenso. “Siamo qui in missione per conto dell’ordine”continuò a spiegare
Gahan, “avrebbe dovuto precederci un mio
fratello Murphy, ma purtroppo” il monaco si fermò un attimo per deglutire e
tentare di buttare giù ancora una volta quel ricordo troppo amaro “purtroppo qualcuno lo ha anticipato
portandocelo via. Ma la nostra missione, come lei ben sa, Nobile Mushetta, non
può fermarsi qui”. “Tu devi essere
Gahan allora, e questi tuoi compari gli altri portatori di seme” disse tra
un sussurro ed un guaito la volpina grassoccia accoccolandosi su un grosso
cuscino dietro al bancone “I miei figli
hanno rintracciato la carovana che sta scendendo dai monti. Troverete Chanel,
una mia lontana cugina a Crimmor, nell’emporio di spezie appena entrati dalla
porta ovest. Lei avrà sicuramente notizie più fresche e vi metterà sulla strada
verso il quarto seme, sperando non sia troppo tardi. La cittadina si trova a
poco meno di due giorni di cammino da qui. A quest’ora basta seguire la
carovana di pescivendoli, potreste trovare anche qualche passaggio se non
disdegnate il tanfo di pesce!” Ringrazziammo gentilmente Mushetta che ci
regalò tre flaconi di unguento necessario a proteggerci dai cocenti raggi del sole
del sud a cui non eravamo abiturati, specialmente Kolgar che già mostrava
diverse chiazze rossastre sul collo muscoloso.
Passammo per il quartiere commerciale: un mercato
a cielo aperto con una miriade di bancarelle colorate, profumi che si
confondevano con odori di cibo da strada, Kolgar sorprese un borseggiatore che
si vide atterrato da un poderoso manrovescio: aveva scelto la preda sbagliata.
In diversi tratti quasi ci perdemmo di vista a causa dell’incessante fiumana di
persone accalcate tra i vicoli stretti e tortuosi della città vecchia dove le
case erano in pietra, i templi risplendevano al sole ed il castello del signore
della città torreggiava con la sua torre maestosa. Una volta superato quel
quartiere riuscimmo ad assaporare finalmente un po’ d’aria, fuori dalla calca
del porto del mercato e del cuore della città, la parte est di Atkatla mostrava
palazzotti residenziali con sinuosi fronzoli orientali e decori in mosaici
colorati che lasciavano senza fiato. Al limitare della porta est, proprio
appoggiata alle mura della città trovammo l’emporio di Mushetta una piccola
canide cicciotta color miele dagli occhi gentili con un fular rosso al collo
che gironzolava tra i barattoli di spezie appoggiata ad un bastone. Appena entrammo ci sguardò con attenzione, annusò l’aria nella nostra direzione, ci girò intorno e si affrettò a chiudere la porta alle nostre spalle. Istintivamente Kolgar mise mano alla sua ascia, ma Mushetta subito ci tranquillizzò “
L’unguento profumato ci riparò in
parte anche dal fetore di pesce che permeava la strada principale che univa
Athkatala e Cinnamor percorsa da centinaia di carretti di pescivendoli e
mercanti vari. Dalle informazioni che riuscii a racimolare sulla strada
Cinnamor era una cittadina di snodo tra la costa dell’Amn che aveva Athkatala
come sua perla e tutte le città dell’entroterra nel raggio di centinaia di
miglia. Un posto di passaggio dove “non vedevi
mai la stessa faccia due volte”, quindi un posto perfetto per potersi
nascondere o tenere i propri loschi affari.
Il primo giorno di cammino
terminò ben oltre la metà del percorso, ci accampammo attorno al fuoco con
alcuni mercanti di pelle d’orso del nord. Erano sbarcati anche loro il giorno
prima e si dirigevano carichi di pellicce di orso bianco verso Immescar. La
mattina seguente riuscimmo ad avere un passaggio da loro fino a Cinnamor e già
prima di pranzo ci trovammo di fronte alle porte della città.
Le indicazioni di Mushetta erano
state precisissime e poco prima della chiusura ci trovammo già di fronte
Chanel. Una donna bellissima. Alta, bruna e formosa. Nessuno dei tre riuscì a
staccarle gli occhi di dosso. Solo quando si voltò e rivelò la sua coda di
lungo pelo nero arricciata capimmo il grado di parentela con Mushetta e tutti i
sogni ad occhi aperti si spensero. Ci accolse con un sorriso “Salve portatori di seme, lasciatemi qualche
minuto per chiudere tutto e sarò onorata di ospitarvi per il pranzo” I
nostri stomaci brontolarono all'unisono in segno di assenso, la ringraziammo e
l’aiutammo a portare dentro i vari cesti e barili con le merci dell’emporio ed
una volta chiuso tutto uscimmo dal retro. Ci portò al suo appartamento al piano
superiore dove la madre, molto anziana e che presentava tratti canidi ancora
più marcati aveva preparato una zuppa “rinfrescante”. In un primo momento mi
stupii molto che in quel caldo torrido ci offrissero della zuppa, poi al primo
assaggio dovetti ricredermi dei miei pregiudizi, la zuppa seppur bollente
conteneva erbe e spezie tali da risultare rinfrescante e rifocillante. “Vedo dalle vostre facce che non avete mai
mangiato una zuppa Mentosh” ci chiese sorridendo la madre di Chanel. “Effettivamente non mi era mai capitato di
assaggiare un sapore così singolare, è allo stesso momento forte e
rinfrescante, che tipo di spezie ci sono dentro?” chiesi molto incuriosito,
ma lo sguardo di Gahan subito si irrigidì “Siamo
qui per altri affari Ivellios! Non per scrivere un libro di ricette esotiche!
Veniamo al dunque Chanel, che notizie del quarto seme?”. “Proseguite verso nord, il carro la scorsa
notte si è fermato proprio alla base delle montagne. In meno di mezza giornata
dovreste arrivare a metà strada ed incontrare un nostro affiliato”, prese
dalla tasca tre medagliette a forma di zampa di cane legate da un nastro rosso,
“indossate queste, al collo o ad un
polso, così che lui possa riconoscervi, il carro è ben sorvegliato ed abbiamo
già preparato una piccola squadra nel caso fosse necessario uno scontro”.
Dopo la zuppa furono servite delle uova e delle verdure, un pasto che ci saziò
senza appesantirci per il viaggio.
Prima di ripartire, mentre
ringraziavo la mamma di Chanel per tutto, lei mi diede una piccola pergamena ed
un sacchetto pieno di spezie facendomi un occhiolino. Mi si sciolse il cuore
alla lettura della ricetta della famosa zuppa Mentosh ed ai profumi del mix di
spezie che conteneva il sacchetto. Quanta brava gente al mondo merita di essere
salvata da questa ignobile sciagura di Legione!
Appena superammo la porta nord
della cittadina delle urla richiamarono la nostra attenzione alle nostre
spalle. Un fumo nero denso si alzava verso il cielo proprio nella zona della
casa di Chanell. Non ci fu bisogno nemmeno di dirlo, ci dirigemmo di corsa
verso la casetta con sotto l’emporio e sopra la casa. Già diverse decine di
metri prima capimmo che l’incendio doveva provenire proprio da lì, nell’aria c’era
un profumo di spezie miste all’odore acre del fumo di decina di lampade ad
olio.
La scena fu impressionante: un’unica
fiamma avvolgeva l’intero stabile, enorme, impossibile che un incendio di tali
dimensioni si fosse generato accidentalmente in così poco tempo! Le grida di
coloro che accorsero coprivano qualsiasi tipo di suono che potesse provenire
dalla casa. Istintivamente lanciai un incantesimo sonoro sottilissimo che
silenziò ai miei orecchi la cacofonia della folla andando alla ricerca di suoni
che provenivano dalla casa. Nulla, nemmeno un gemito, solo il rumore del fuoco
come quello di un vento forte che riempie le orecchie della sua risacca. Un
suono singolare però attirò la mia attenzione: una litania proveniente da
qualche decina di metri alle spalle della casa, un canto che si intrecciava con
la trama ed alimentava l’incendio! “Seguitemi!” Urlai a Kolgar e Gahan, che senza batter ciglio
preparandosi a tutto mi seguirono di corsa. Rintracciai di nuovo quel suono
singolare: proveniva dalla soffitta al secondo piano di un edificio alle spalle
del rogo, senza mai fermarmi entrai dalla porta che dava sulla strada e
cominciai a salire le scale di corsa, Kolgar mi superò con un balzo all’ultima
rampa e sfoderò la possente ascia, non si fermò nemmeno davanti alla porta
chiusa che frantumò come fosse fatta di carta, continuò la sua corsa con un
urlo cogliendo di sorpresa tutti i presenti.
Gahan ed io entrammo un secondo
dopo, c’erano 4 mezzorchi ed un uomo con vesti nere bordate di rosso. Quest’ultimo
intento a guardare fuori la finestrella bassa e concentrato nell’incantesimo
quasi non si accorse della nostra comparsa. Immediatamente cominciai un
controcanto per tentare di attenuare le fiamme che divampavano e consumavano la
casetta dell’emporio, ma nulla era troppo forte e di natura diversa, la sua
magia non era come la mia. Intanto Gahan con una capriola fu subito sotto ad
uno dei mezz’orchi e con una spazzata lo atterrò senza problemi. Kolgar intanto
ingaggiò due bestioni e menava fendenti veloci come il vento. Il mago dalle
vesti nere bordate di rosso emerse dalla sua trance e con molta calma esaminò la
situazione. Riuscii a tirare fuori la mia balestra ed a sparare un dardo verso
di lui, ma un muro invisibile di energia la fermò a pochi centimetri dal suo
petto: uno scudo magico lo proteggeva, le armi normali non potevano scalfirlo.
Il quarto mezzorco mi si parò davanti coprendomi la visuale, decisi in fretta e
quando mi tornò alla mente il profumo delle spezie dell’emporio non ebbi alcun
dubbio. Richiamai in meno di un secondo il potere del seme e dal mio braccio
eruppe una luce blue, un attimo dopo un fulmine crepitante partì in direzione
del mezzorco che fu attraversato in pieno petto e mentre si afflosciava il
fulmine proseguì la sua corsa verso il mago che non si aspettava quell’esplosione
di energia. La sua barriera non resse, esplose in una miriade di schegge di
energia magica e il fulmine lo colpì in pieno petto con la potenza rimasta. Non
fu un colpo molto forte, ma lo shock della scarica lo destabilizzò abbastanza
da fargli perdere l’equilibrio e quella finestra bassa della soffitta divenne
il vuoto dove cadde senz’appiglio scomparendo dal campo di battaglia. Nel
frattempo Kolgar decapitò il secondo mezzorco dopo aver ucciso il primo con un
colpo in pieno petto e Gahan stordì il suo avversario con un’abile ginocchiata
sotto al mento, il povero malcapitato rivolse gli occhi al celo e si afflosciò
sul pavimento come un lenzuolo stropicciato. Corsi alla finestra e mi sporsi
per controllare la situazione, del mago…nessuna traccia.
Quando mi rigirai Gahan era
intento a legare il suo prigioniero e Kolgar stava pulendo la sua ascia
insanguinata sulle vesti dell’ultimo cadavere. “Perché hai usato il tuo potere?” mi chiese con calma il monaco, “sai benissimo che così ci rendi
rintracciabili dai maghi di legione!”. “Non
potevo non farlo, e poi credo che quello che è volato via dalla finestra senza
un graffio fosse proprio uno di quelli” dissi mentre indicavo in quella
direzione, ed in quel momento mi accorsi di qualcosa caduto al mago nel
contraccolpo: una pipa d’osso a forma di teschio di drago. Quando la presi e la
mostrai a Gahan mi guardò con un cenno d’assenso “Non basta questo a vendicare Murphy, ma ben fatto!” mi disse il
monaco sottovoce. “Svegliamo la bestia
qui e vediamo cosa ha da dirci” ruggì Kolgar impaziente di avere notizie
sulla prossima preda e menò un bel calcio in faccia al mezzorco che si svegliò
urlando. L’ascia del barbaro gli si piantò proprio a pochi centimetri dalla
faccia e quando Gahan cominciò ad interrogarlo il mezzorco rivelò quanto
sapeva: era stato assoldato assieme ai suoi compagni dal mago due giorni prima
come guardia del corpo, non sapeva perché ma il Mago aveva osservato per due
giorni l’emporio ed oggi, appena ci ha visti uscire ha deciso di dar fuoco all’edificio
con tutti gli abitanti. Prima di farlo gli ha visto scrivere un messaggio,
ridurlo in cenere e cantando una strana litania lanciare le ceneri fuori dalla
finestra dove una folta di vento le ha raccolte e le ha cominciate a spingere
verso nord. Altro non sapeva, e nemmeno i ripetuti calci e pugni di Kolgar
riuscirono a fargli dire altro, allora Gahan lo riaddormento con la semplice
pressione di due dita alla clavicola. Frugammo la soffitta in cerca di altri
indizi, ma trovammo solo i corpi dei due ragazzi che probabilmente ci
abitavano: assassinati per prendere possesso della loro casa come base di
osservazione e delle operazioni di quei giorni a Cinnamor. Dopo aver
riesaminato il terreno dove avrebbe dovuto schiantarsi il mago dalle vesti nere
bordate di rosso e non aver trovato
alcuna traccia tornammo sui nostri passi, volgendo per l’ultima volta uno
sguardo alla carcassa annerita e fumante dell’emporio il cui incendio veniva
velocemente domato.
Col cuore in gola, ripassammo la
porta nord, quando ormai stava per fare buio, indossammo i ciondoli a forma di
zampa di cane, che oltre ad essere un segno di riconoscimento per il nostro
contatto sulla strada, erano divenuti un segno di lutto per la perdita di due
persone gentili.
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