Le porte della città


Non fu il caldo a tenermi sveglio quella notte, ma l’insicurezza del primo viaggio da solo alla ricerca della mia strada. Il maestro, come tutte le notti, era fuori ad esibirsi ed a farmi compagnia c’era solo la mia armonica ed il vociare sguaiato che saliva dalla sala comune della taverna sotto.
Barton mi aveva chiesto esplicitamente di non farmi trovare in camera al suo ritorno, per lo shock di quell’addio improvviso non ebbi neppure la forza di chiedere ulteriori spiegazioni. Lo zaino era pronto già al tramonto ed ormai erano ore che non riuscivo a prendere sonno, quindi decisi di partire molto prima del previsto.
La notte era fresca, per strada c’era ancora molta gente visto il periodo di festa.
 Arrivai alle porte della città sovrappensiero e con la testa altrove, ma vederle lì di fronte a me, mi risvegliò dal torpore e dell’apatia riportandomi alla dura realtà di un futuro ignoto che andava a cominciare quella notte.
La strada puntava a nord e la luna crescente nel cielo limpido illuminava tutto abbastanza da poterla percorrere senza lanterna, c’era ancora qualche contadino che si dirigeva verso la città per cominciare quel fine settimana di bagordi spendendo i soldi del raccolto tra prostitute e bevute, oppure tentando la fortuna in qualche bisca clandestina ai quartieri del porto.
Tranne quei rari incontri nei dintorni della città dopo un’ora abbondante di cammino ero ormai completamente solo per strada, le fattorie divenivano sempre più rade ed i pensieri si facevano sempre più confusi. Quando il rossore dell’alba cominciò a schiarire il cielo alla mia destra decisi di prendere un piccolo sentiero che si inerpicava sul lato di una collina boscosa per cercare un riparo e riposare. Con l’inquietudine sbollita e le ore di cammino con lo zaino pesante, il sonno mancato cominciava a farsi sentire. Mi addormento, quindi, al riparo di due rocce, ben nascosto nel sottobosco dopo aver appuntato, come al solito, i miei pensieri sul taccuino.

Vengo svegliato da un forte boato quando il sole era già alto nel cielo, d’istinto mi rannicchio in posizione di difesa estraendo i pugnali incrociandoli all’altezza del volto. Verso ovest, ad un paio di centinaia di metri, proprio dove avevo lasciato la strada per addentrarmi nel boschetto a riposare, scorgo una colonna di fumo nero e diversi fuochi colorati che schizzano da tutte le parti. Verificato che nei miei dintorni non ci fosse nessuno, recupero velocemente le mie cose e mi avvicino di corsa possibile al luogo da cui continuano a provenire fischi e scoppiettii tipici dei fuochi animati degli alchimisti orientali.

Al limitare del bosco rallento l’andatura perché tra le volte del fumo intravedo un uomo col volto coperto inginocchiato di fianco ad un vecchio, affonda il suo pugnale nella coscia di quest’ultimo che urla di dolore. Mi accovaccio tra le felci per evitare di essere visto, di sicuro non mi hanno sentito grazie al trambusto dei fuochi. Il vecchio continua a gridare:” Non so di cosa tu stia parlando!”, lo ripete più volte mentre l’altro gli gira il pugnale nella ferita alla coscia fino a farlo svenire. Allora l’uomo incappucciato bofonchia frustrato e con un calcio forte alle costole del povero vecchio si assicura che non rinvenga a breve, gli lega le mani con calma e lo imbavaglia: non sembra voglia ucciderlo. Comincia a perquisirlo, ma svuota il portamonete con non curanza lasciando le poche monete tintinnare rimbalzando sul terreno. In lontananza non si vede nessuno in alcuna direzione. Intorno al carro ci sono altri due corpi riversi a terra in maniera scomposta dall’esplosione. Il losco figuro passa a frugare velocemente gli altri due corpi che accoltella al petto per non avere sorprese. Il fumo comincia a riempire tutta la zona ed il venticello ha fatto prendere fuoco al carro ed alle briglie dei cavalli che urlano impazziti dalla paura. Comincio a sentire il calore dell’incendio fin dal limitare della strada ed infatti anche l’incappucciato non riesce a rimanere oltre, sgancia i due cavalli e mentre uno lo fa scappare, sull’altro carica il corpo sanguinante ed incosciente del vecchio e si avvia nella mia direzione.
Non sono mai stato un eroe, ma nemmeno un codardo. Ma oltre qualche coboldo ed un paio di goblin che hanno tentato di derubarci sulla strada per Beregost, col maestro, abbiamo sempre tentato di evitare il pericolo, senza, però mai tirarci indietro se c’era da dare una mano, magari anche con opportunità di fare qualche soldo. Non mi sarei proprio voluto impicciare di questa situazione: l’assalitore oltre al pugnale aveva una bella spada al fianco ed un bandoliera piena di dardi da lancio. Mi immobilizzo nella vegetazione alta ed i due mi superano a passo lento col cavallo che incespica un po’ sul sentiero ripido.
Ecco però che l’ennesimo scoppio incontrollato dal carro fa destare il vecchio dal torpore: i nostri occhi si incrociano ed il suo sguardo mi attanaglia l’anima non lasciandomi altra scelta che aiutarlo.



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